Articolo di Gabriella Gozzo. Fonte: Stay Sustainable.
Grande successo al Salone Internazionale del libro per la Prima Conferenza FIMA a Torino.
La FIMA (Federazione Italiana Media Ambientale) ormai attiva dal 2013 è una realtà che raccoglie sotto la sua effigie giornalisti, comunicatori, blogger e divulgatori scientifici che si occupano di ambiente.
Relativamente giovane si fa baluardo di una tematica molto attuale che a poco a poco inizia a farsi strada e a ricevere molta più attenzione rispetto al passato, anche da parte di quel pubblico che non si è mai posto il problema “ambientale”.
Se vi siete persi la conferenza, o volete dare una spolverata a ciò che è stato detto, ecco uno spaccato dell’incontro.
Ci sono stati ospiti d’eccezione all’evento coordinato da Beppe Rovera (giornalista RAI), come: Giorgio Levi (Presidente Centro Studi e ricerche sul giornalismo Gino Pestelli), Luca Mercalli (Società Metereologica Italiana), Ermete Realacci (Presidente Commissione Ambiente della Camera dei Deputati), Mario Salomone (Presidente Fima) ed in ultimo, ma non per importanza, Rossella Sobrero (Presidente Koinètica, Consigliera nazionale di FERPI).
Fortunatamente ero in prima fila e quindi ho avuto un posto privilegiato per prendere appunti.
Il dibattito inizia in modo insolito ovvero viene chiesto al pubblico se il giornalismo ambientale possa essere considerato di nicchia o meno, ma dopo le opinioni discordanti del pubblico si evince che negli ultimi 15 anni si è posta una crescente attenzione alle tematiche ambientale, sebbene non siano ancora notizie Main-stream. L’obiettivo, come spiega Mario Salomone, sarebbe proprio quello di creare sinergia tra il giornalismo ambientale e il giornalismo generico, con una predisposizione non solo alla mera divulgazione ma anche alla formazione a 360° in questo ambito.
La FIMA è per adesso un tentativo che cerca di coadiuvare questa esigenza rimanendo viva e attiva su questo tema. Organizzare la prima conferenza proprio al Salone del libro, indica la voglia di emergere.
Il dibattito, da qui in poi, inizia ad entrare nel vivo e attraverso gli interventi degli illustri ospiti riusciamo a delineare le prospettive e le aspettative.
Ad esempio, Giorgio Levi, propone di rendere le notizie che parlano di ambiente un’informazione continua e dedicata attraverso degli inserti come quelli che si possono trovare nei più importanti quotidiani. Ma non è della stessa opinione Luca Mercalli, egli crede fermamente che l’importanza dell’ambiente non deve limitarsi all’inserto, ma essere presente nelle più importanti attività giornalistiche perché di ambiente si deve parlare e si può parlare. Perché l’ambiente non deve essere ghettizzato all’interno di un inserto ma è un argomento che attraversa trasversalmente tutte le attività umane.
L’aspetto su cui tutti concordano perché tristemente constatato è il fatto che in Italia l’ambiente non fa notizia se non crea effetti catastrofici o tragedie; a differenza delle più importati testate giornalistiche internazionali che puntano sull’ambiente anche quando non crea disastri. I giornali internazionali credono infatti che ci sia bisogno di parlare di ambiente sempre, data la capillarità di eventi che sono correlati alla nostra stessa esistenza.
Ma uno spunto importante arriva anche da Ermete Realacci che sull’esempio della positività proposto dal film – NO! I giorni dell’arcobaleno – ci spiega che la battaglia a favore di un giornalismo ambientale deve essere una sfida in positivo, una sfida che non deve essere vista come terrorismo se un divulgatore ci parla dei danni ambientali a cui andremo incontro nei prossimi anni, ma coglierne un’opportunità di crescita, oltre al pericolo o al terrorismo di cui qualcuno ci accusa senza remore.
I giornalisti non sono catastrofisti lo sono i giornali che fanno leva sulle emozioni negative.
I giornalisti ambientali non parlano solo di fatti, ma enunciano buone pratiche e parlano di innovazione. Cit. Mario Salomone
E sull’onda del positivismo fin qui annunciato abbiamo l’intervento di Rossella Sobrero, un piacevole intervento in quando ha dato un taglio tutto femminile alla questione dell’informazione ambientale. La sua opinione era che se una notizia ci spaventa tendiamo a rimuoverla, ma è solo con una partecipazione attiva, una sorta di “call to action”, che abbiamo la capacità di reagire per costruire qualcosa di concreto. Attraverso messaggi chiari e semplici possiamo convincere le persone ad adottare buone pratiche e stili di vita più sostenibili. Il futuro, inoltre, è in mano ai giovani (fattore da non sottovalutare) ed è proprio grazie ai giovani che si possono iniziare le prime battaglie a favore delle buone pratiche ambientali e ad una sempre maggiore diffusione della sostenibilità anche in ambito aziendale. Sono i giovani a fare leva sul cambiamento delle pratiche ad oggi non più sostenibili.
Dopo avervi riportato fedelmente quello che è stato detto alla conferenza, vorrei anche dire la mia: mi sono affacciata ai temi ambientali per caso ma con consapevolezza, e da profana credo che per fortuna esistono opinioni diverse. Le opinioni servono sempre a dare stimoli e a far partire tutta quella serie di ingranaggi che senza non partirebbero neppure. Il bisogno di un’informazione ambientale consapevole e di alto livello è necessaria nonché prioritaria in tutti i settori, perché l’ambiente ci circonda e abbiamo bisogno di saperlo proteggere; perché noi, in quanto essere viventi, viviamo in esso.
Il giornalista da sempre dovrebbe essere divulgatore di conoscenza acquisita che poi ripropone al vasto pubblico. Qualcuno lo definisce complottista, altri accorto osservatore, ma in fondo nel bene o nel male per l’ambiente l’importante è… CHE SE NE PARLI!!!
Articolo di Gabriella Gozzo
Immagine utilizzata: logo FIMA per gentile concessione.