Pubblichiamo il comunicato delle associazioni ambientaliste in risposta alla lettera di 16 sindaci della montagna contro il lupo. Condividiamo e apprezziamo il rigore scientifico con cui le associazioni hanno affrontato la questione.
Ancora una volta le associazioni ambientaliste si trovano costrette ad intervenire sulla questione lupo, in risposta alla lettera che sedici sindaci della montagna parmense hanno inviato alle istituzioni. Lo facciamo cercando di dare, al termine di questa nota, alcuni dati oggettivi in risposta alle tante leggende che circolano.
L’ intervento risulta dovuto, non solo per rispondere ai contenuti preoccupanti della lettera dei sindaci, ma purtroppo anche per il colpevole silenzio da parte di quelle stesse istituzioni che dovrebbero gestire la biodiversità e le specie protette, e che a quella lettera dovrebbero dare risposte puntuali.
Della lettera dei sindaci una cosa balza all’occhio per gravità: il fatto che si parli di attacchi all’uomo. Un dato che al momento sembra decisamente improbabile dal punto di vista scientifico e statistico. Non ci sono casi registrati di attacchi di lupo all’uomo da oltre due secoli, mentre ad esempio il numero consistente di morti e feriti per arma da fuoco dovuti alla caccia è una realtà, così come le morti per attacchi da cani domestici (mediamente tre all’anno). Quindi o l’asserzione dei sindaci viene comprovata, oppure determina un atteggiamento irresponsabile di procurato allarme da parte delle istituzioni. Se il timore è che il lupo incida sul “turismo ambientale” le associazioni scriventi possono testimoniare che non ci sono notizie di tale tendenza in atto a Parma. Non ci risulta che il turismo dei parchi abruzzesi, zone in cui il lupo è presente da ben prima che da noi, abbia subito tale effetto. Viceversa lettere come questa genereranno certamente paure ed effetti su chi, meno informato, vuole frequentare le zone dell’appennino. Una pesante responsabilità di cui i 16 sindaci si devono fare carico.
Non si mette in dubbio che il ritorno del lupo in appennino, un fatto importantissimo per la biodiversità e per la salute dei nostri ecosistemi, determini la necessità di affrontare con attenzione e con le dovute risorse economiche il tema della convivenza con l’allevamento appenninico. Garantire il presidio delle attività umane in montagna è un valore primario anche per le associazioni scriventi. Nemmeno si vogliono negare i disagi e le difficoltà di quegli agricoltori che hanno visto i propri animali sbranati dai lupi. Ma il problema deve essere affrontato dalle istituzioni con un approccio scientifico, individuando le soluzioni più adatte (che esistono) e trovando le risorse economiche adeguate (il PSR porterà in Emilia-Romagna nei prossimi anni oltre 1,2 miliardi di euro per l’agricoltura). Non seguendo il clamore mediatico.
Un clamore mediatico che purtroppo è alimentato da una parte dagli agricoltori che subiscono i danni e reclamano gli indennizzi, e dall’altra dai cacciatori che nel lupo vedono un competitore o una preda a cui sperano, prima o poi, di poter sparare in modo legale.
La questione lupo, in regione, ha assunto toni tanto accesi solo nel parmense, e non certo perché da noi vi siano più lupi che nel reggiano o nel bolognese. Probabilmente ci sono state mancanze ed errori, a cui bisogna trovare rapidamente una soluzione. E certamente la questione è diventata mediatica, e agitando lo spauracchio degli attacchi all’uomo non fa che autoalimentarsi.
Per concludere diamo alcune note tecniche per fare chiarezza su di una specie di cui viene detto tanto, ma raramente il vero.
- Il lupo mangia gli animali da allevamento? Può capitare, ma solo quando sono facili prede. Per questo motivo, ormai da tempo, sia la Regione Emilia-Romagna che il Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano mettono a disposizione risorse economiche e cani da pastore per custodire greggi e mandrie. Quando ben realizzate e manutenute, le recinzioni anti-lupo funzionano a regola d’arte. Certamente esiste un costo di attivazione e manutenzione, e su questo aspetto le istituzioni devono migliorare, consentendo a tutti gli allevatori di accedere a fondi e sgravi, accelerando le pratiche per ricevere rimborsi ed indennizzi (dall’agosto 2013 è già attiva la copertura del 100% dei danni da lupo), ma soprattutto mettendo a disposizione più risorse per la prevenzione. Migliore è la prevenzione, minori sono gli indennizzi ed i danni, e più semplice diventa la convivenza uomo-lupo.
- Il lupo è pericoloso? No. Non si registrano attacchi all’uomo da oltre due secoli e mezzo, quando la caccia, solo nel 2013 e solo in Italia, ha fatto registrare 13 morti e 69 feriti (fonte: Associazione Vittime della Caccia, comunicato del 01/02/2014). I presunti attacchi avvenuti nei confronti dell’uomo, dove addirittura un lupo avrebbe cercato di salire su di un trattore in movimento, sanno di ridicolo (o di malafede?). Dati alla mano, è assai più probabile essere colpiti da un fulmine o da un proiettile sparato durante una battuta al cinghiale, che essere attaccati da un lupo.
- Il lupo fa paura? Sì, se si continua a fare falsa ed errata informazione, il tutto ad uso e consumo, nonché sotto pressione, della lobby venatoria. La predazione avvenuta su alcuni cani, peraltro circoscritta ad un piccolo territorio, non può essere spacciata come un rischio anche per l’uomo. Sia la lettera dei sindaci che diversi articoli giornalistici, nei toni come nei contenuti, sono al limite della denuncia per procurato allarme. Il turismo nel parmense è l’unico settore in crescita negli ultimi anni (nel 2014 +8% di arrivi, +6% di presenze rispetto al 2013): invece di instillare false paure, perché i sindaci non vendono la presenza del lupo in montagna come segnale di un ambiente integro e sano?
- Il lupo è una piaga per l’economia della montagna? No. In Emilia-Romagna gli indennizzi per danni da lupo sono inferiori al 5% del totale erogato per tutte le altre specie; i danni da picchi sono pari al 10%, ma nessuno si sognerebbe mai di ritenere i picchi responsabili dell’andamento economico locale! Nel 2013 la Regione Emilia-Romagna ha indennizzato danni da fauna selvatica pari a 1.357.000 euro, di cui 114.000 per lepre e fagiano, specie di cui ogni anno avvengono ripopolamenti da parte delle associazioni venatorie, ben più di quanto venga speso per il lupo. Allora perché nessuno propone di fermare i ripopolamenti di queste specie? Forse perché sono il giochino dei cacciatori? Nei soli Ambiti Territoriali di Caccia parmensi, nel 2013, sono stati indennizzati danni da fauna selvatica per 198.894 euro, di cui 182.000 da cinghiale (specie di cui vanno evidentemente riviste le modalità gestionali), insieme al capriolo classica preda del lupo, il quale quindi può invece aiutarci a controllarne il numero e la distribuzione.
- Fino a prova contraria, il lupo è specie particolarmente protetta. Quindi, chi ne suggerisca, più o meno chiaramente, l’abbattimento, si assume una grave responsabilità, per cui si è perseguibili a norma di legge. Si ricorda peraltro che una quota stimata pari a circa il 20-30% della popolazione lupina italiana è uccisa ogni anno illegalmente.
Probabilmente nella gestione della questione lupo ci sono state mancanze ed errori, a cui bisogna trovare rapidamente una soluzione. Invitiamo dunque le istituzioni chiamate in causa dai sindaci (Provincia, Regione e Corpo Forestale dello Stato) ad impegnarsi sul tema, facendo sì che quello che attualmente è visto come conflitto diventi invece una convivenza, già accettata e condivisa in altre parti d’Italia. Le associazioni ambientaliste sono sempre state disposte al dialogo ed hanno sempre mantenuto toni adeguati. Così avviene anche in questo caso. Ciò non significa che non si sia disposti ad opporsi fermamente a chiunque fomenti false paure ed una caccia alle streghe (al lupo), troppo spesso sospinta dagli interessi venatori e dalle chiacchiere da bar e mai supportata da dati reali.
LEGAMBIENTE Parma, WWF Parma, LIPU sez. di Parma, ADA – Ass. Donne Ambientaliste, CAI Parma